Principio del duplice effetto

Il principio del duplice effetto – noto anche come regola del duplice effetto, la dottrina del duplice effetto, spesso abbreviata come DDE o PDE, ragionamento a duplice effetto, o semplicemente duplice effetto- è un insieme di criteri etici che i filosofi cristiani, e alcuni altri, hanno sostenuto per valutare l'ammissibilità di agire quando il proprio atto altrimenti legittimo può anche causare un effetto che altrimenti si sarebbe obbligati ad evitare. Il primo esempio noto di ragionamento a doppio effetto è il trattamento dell'autodifesa omicida di Tommaso d'Aquino nella sua Summa Theologiae.

Questo insieme di criteri afferma che un'azione che ha previsto effetti nocivi praticamente inseparabili dall'effetto positivo è giustificabile se si verificano le seguenti condizioni:

  • la natura dell'atto è in sé stessa buona, o almeno moralmente neutra;
  • l'agente intende l'effetto buono e non intende l'effetto cattivo, né come mezzo per il bene né come fine in sé;
  • il buon effetto prevale sul cattivo effetto in circostanze sufficientemente gravi da giustificare la causa del cattivo effetto e l'agente esercita la dovuta diligenza per ridurre al minimo il danno.[1]
  1. ^ T. A. Cavanaugh, Double-Effect Reasoning: Doing Good and Avoiding Evil, p.36, Oxford: Clarendon Press

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